Il film italiano della settimana
di Rocco
REAZIONE A CATENA di Mario Bava (1971)
“Il genere slasher si riferisce a quel gruppo di film horror in cui il protagonista indiscusso è un maniaco omicida che da la caccia ad un gruppo di persone…benché il capostipite sia considerato Halloween, esistono due film precedenti che incarnano tutte le caratteristiche principali dello slasher. Un Natale rosso sangue di Bob Clark e Reazione a catena di Mario Bava” Wikipedia
”Gli slasher tipo venerdì tredici sembrano averlo copiato spudoratamente senza per altro aver capito l’essenziale: che Bava non rispetta alcuna regola. E non solo è più colto e più i ronico dei suoi presenti epigoni, ma anche molto più cattivo”. Alberto Pezzotta autore di una monografia sul regista.
Antefatto: Burbank, periferia di Los Angeles: 1968 . Un ragazzino di dieci anni con i capelli arruffati e le lenti spesse mangia avidamente pop corn e non stacca gli occhi dallo schermo. quella sera si proietta al cinema del quartiere Operazione Paura di Mario Bava. Quel ragazzino è Tim Burton, che definirà un maestro dei colori e delle atmosfere il regista italiano. Tim amava molto anche la Maschera del demonio (primo horror gotico italiano) e non farà mai mistero di quanto quei film (come quelli di Corman e di altri maestri americani) lo abbiano influenzato. Un paio di anni dopo Bava, girando un film nelle campagne tra Sabaudia e Latina farà molto di più, creando di fatto quello che sarà uno dei generi più lucrativi della storia del cinema americano: lo slasher, tipico teen movie dove una donna con gli abiti strappati e inseguita dal solito assassino senza volto che brandisce un’ascia, un arpione, una sega elettrica e chi più ne ha… Un genere che Wes Craven ridicolizzerà anni dopo in Scream. Solo per citare le saghe più conosciute: Halloween di Carpenter, Venerdì 13, Nightmare. Venerdì 13 è sicuramente quella che più deve a Mario (nel secondo capitolo, L’assassino ti siede accanto, c’è un doppio impalamento esattamente come in Reazione a catena). Partendo dal primo sconvolgente delitto, Bava che ne mostra altri 13 con tanto di particolari raccapriccianti come nello stile del papà dello splatter italiano (effetti speciali di Carlo Rambaldi) ma comunque mantenendo con la macchina da presa un distacco quasi da entomologo. Sigificativo in questo l’altro titolo del film. Ecologia del delitto (il titolo iniziale doveva essere Cos’imparano a fare i cattivi). Come scriveva William Gording nel suo romanzo il Signore delle mosche “gli uomini fanno il male come le api fanno il miele”. La storia raccontata è un pretesto ma questo non è un male. L’esplosione di violenza non è altro che una reazione spontanea, una causa effetto dovuta alla natura dell’uomo, avido e spietato. Bava decide di girare questo suo documentario in una baia circondata da villette isolate (location che diventerà tipica). Nell’ottimo cast spiccano Luigi Pistilli, uno dei migliori caratteristi nostrani ed una diabolica Claudine Auger. Il beffardo finale è l’apice della cattiveria del regista: forse non c’è speranza per il genere umano…
Curiosità: Mario Bava è figlio di Eugenio Bava, direttore della fotografia di film memorabili come Quo Vadis ? (del 1913) e Cabiria, e autore di molti filmati dell’istituto Luce (passato alla storia quello con il finto sbarco delle truppe italiane a Malta). Mario ha lavorato sul set con grandi registi italiani come De Sica, Rossellini, Risi, per citarne alcuni, e stranieri (Pabst, pluricitato in Inglorious Basterds e Raoul Walsh). Suo figlio è l’ottimo regista horror Lamberto Bava che in Reazione a catena gira la sequenza della morte del pescatore. Reazione a catena è uno dei pochi film di cui Bava, ipercritico verso sé stesso, si disse soddisfatto. A Bava si deve il lancio della Fenech come attrice (5 bambole per la luna d’agosto del ’70). Per molti il suo capolavoro è Cani arrabbiati, che non uscì mai nelle sale, ma che trovate in DVD anche con il titolo di Semaforo rosso (ve lo consigliamo). E’ anche ritenuto il padre del giallo thriller italiano con la La ragazza che sapeva troppo, un film alla Hitchcock che ispirerà tutta la filmografia di Argento. Dileggiato dalla critica ai tempi, è giustamente riconosciuto come un pioniere che ha portato lo spettatore italiano, abituato all’epoca a piangere o ridere, verso territori oscuri e sconosciuti diventati poi materia del cinema più popolare amato.